“Ho in mente di vincere”, la conferenza organizzata ieri presso la sede della Canottieri Corgeno dal dottor Paolo Caprioli, vuole essere un momento di riflessione comune, un cammino condiviso nella comprensione di quanto sia delicato il sistema atleta e di quanto sia importante un corretto e attento supporto, anche dal punto di vista mentale, da parte di tecnici e allenatori.
Obiettivo della conferenza è portare l’attenzione di tecnici ed allenatori su un aspetto spesso trascurato della figura dell’atleta: l’aspetto mentale.

Partendo dalla comprensione dell’atleta nella sua essenza di persona in primis e chiarito che cosa è e che cosa non è la psicologia dello sport, verranno analizzate, seppur a grandi linee, le principali caratteristiche psicologiche che interessano la prestazione e verrà illustrato uno strumento di semplice uso, molto utile per capire lo stato dell’atleta e il lavoro con l’allenatore. Verranno infine analizzati due temi molto sentiti nell’ambito sportivo e non solo; Motivazione e Stress. La conferenza lascerà poi spazio a domande e riflessioni comuni.

1. L’atleta. Spesso, anche se per fortuna sempre meno, si crede che l’atleta possa essere equiparato a una “macchina da prestazione”, una sorta di complessa struttura di ingranaggi muscolari coltivati per esprimere al meglio un qualsivoglia gesto atletico. Chi ha questa visione considera l’atleta appunto come una macchina e come tale, per dare risultati, deve essere spremuta, spinta al limite, sempre e comunque. All’atleta macchina non è concesso pensare, non è concesso provare emozioni e nemmeno funzionare a regimi che non siano quelli massimi.
Altri invece, legandosi alla metafora del motore e della centralina elettronica, considerano l’atleta come composto da una sorta di motore, il corpo, che viene gestito e controllato da una centralina elettronica, la mente. Questa visione, pur essendo un’importante quanto positiva evoluzione dell’atleta macchina, ha dei grossi limiti facilmente comprensibili. Se il sistema atleta fosse così costituito, per ottenere un atleta vincente basterebbe curare la meccanica del motore corpo al meglio e basterebbe programmare la centralina elettronica, ovvero la mente, in maniera ottimale per ottenere sempre performance superlative. Credo che voi tutti siate concordi nel percepire una sensazione di limitatezza in visioni di questo tipo.

1.1 La sintesi dell’atleta. Abbandonate le interpretazioni sommarie e a volte stereotipate, ci rendiamo conto che l’atleta è qualche cosa di più complesso, molto più complesso, e questa complessità deve essere motivo di attenzione e considerazione per la costruzione di una carriera agonistica.
Osservando con attenzione e provando a scomporre il complesso puzzle dell’atleta, scopriamo che le componenti caratterizzanti sono tante, importanti e mutevoli nel tempo e nel contesto, e solo attraverso l’espressione armoniosa e matura di esse emerge quel concetto meraviglioso di perfezione che rappresenta l’atleta nella sua massima espressione. Ecco allora che la sintesi dell’atleta non può che essere una visione olistica dove aspetto fisico, tecnico, tattico, mentale e tanto ancora, non sono aspetti disgiunti ma interconnessi, dove cioè tutti gli elementi sono in relazione gli uni con gl’altri.
Ma, e questo è un punto fermo, in primis, che sia uomo o che sia donna, ragazzo o adulto, l’atleta è sempre una persona, una persona che deve essere considerata come complesso insieme di relazioni dinamiche, in sé e con l’ambiente che lo circonda.

2. La Psicologia dello Sport.  In questa visione divenuta multidimensionale si colloca a fianco di allenatore, preparatore atletico, fisioterapista, nutrizionista ecc. anche lo psicologo dello sport, che
attraverso l’insegnamento di pratiche e metodi, aiuta l’individuo a trovare armonia ed equilibrio tra mente, corpo e benessere. Per evitare confusione e fraintendimenti, è bene spendere qualche istante e chiarire che cos’è e cosa non è la psicologia dello sport e quale aiuto può avere nel cammino di un atleta. Cominciamo con il chiarire cosa non è. Lo Psicologo dello Sport non è “uno strizzacervelli”, ma è la figura che offre alla persona e all’atleta strumenti e metodi per poter utilizzare in maniera proficua le proprie capacità mentali. Non ha le funzioni di “curare” malati. Gli atleti, per fortuna sono tendenzialmente sani di corpo e di mente, ma come tutte le persone di questo mondo necessitano di aiuti per progredire. Non è una pratica per soli campioni, anzi, un corretto aiuto e impostazione, se dato all’inizio, può agevolare e velocizzare la crescita. Non è infine una pratica magica o alchemica. Anche la mente, come il corpo, deve essere educata e allenata, non esistono scorciatoie e nemmeno formule magiche che portano istantaneamente al risultato, esiste la scienza, lo studio, il metodo e tanta buona volontà. Lo Psicologo dello Sport è invece colui che si prodiga affinché l’atleta diventi maestro e padrone delle proprie capacità mentali, per poter procedere nel migliore dei modi lungo la carriera sportiva e professionale. L’obiettivo è l’autonomia dell’atleta e non il supporto o l’accompagnamento continuo.

3. Caratteristiche psicologiche che interessano la prestazione.  Compresa la complessità della persona atleta e introdotta la figura dello psicologo dello sport, cerchiamo ora di capire e scoprire quelle che sono le caratteristiche psicologiche principali che interessano la prestazione. Ognuna di queste caratteristiche meriterebbe una trattazione a sé stante. Per ragioni di tempo, ci limiteremo ad enunciarle dandone una breve descrizione. L’intelligenza agonistica è la capacità di leggere la gara e di attuare la migliore strategia e tattica tenendo conto anche delle proprie risorse. Lo spirito di squadra. Calzante la metafora del lupo. Il lupo è la forza del branco e il branco è la forza del lupo. Intelligenza emotiva. È la capacità di controllare le proprie emozioni e di trovare l’attivazione ottimale. per la peack perfomance. L’intraprendenza, intesa come il fare e non subire, è l’essere protagonista e non spettatore. La presa di decisione, unisce le doti di leadership e di timing decisionale. L’autoefficacia, costrutto di enorme forza, rappresenta il sapere di saper fare, la consapevolezza delle proprie capacità. L’autostima, è l’opinione di sé stessi, l’autovalutazione. La Motivazione, è la forza psicologica, la spinta interiore per il raggiungimento di obiettivi La Durezza Mentale, rappresenta la perseveranza, il non mollare anche in situazioni di difficoltà L’Attenzione e la concentrazione, rappresentano la capacità di percepire stimoli e la gestione del focus attentivo. Tutte queste caratteristiche, oltre che essere tratti personali e quindi appartenenti alle caratteristiche dell’individuo, per il principio dell’ontogenesi, sono modificabili, quindi allenabili e contribuiscono fortemente a costruire un atleta vincente.

4. Performance Profile. Tra i vari strumenti a disposizione dei tecnici, vorrei porre l’attenzione sul Performance Profile, un questionario autovalutativo che permette ad atleta ed allenatore di confrontarsi. Vengono a priori identificate una serie di caratteristiche attribuibili ad un atleta ideale, e in riferimento a queste, l’atleta si auto valuta in differenti momenti della stagione.
Il Performance Profile è quindi in grado di restituire una fotografia della percezione dell’atleta di sé stesso, in momenti definiti nell’arco della stagione agonistica, con, a seguire, il confronto con l’allenatore grazie al giudizio sugli stessi parametri da parte dell’allenatore stesso. L’autovalutazione dell’atleta è importantissima in termini di consapevolezza e autoanalisi. Il prendere coscienza dei propri punti di forza e debolezza, oltre che essere un punto chiave per la determinazione del proprio cammino, è un momento di riflessione e di analisi introspettiva. Valutandosi, l’atleta è chiamato ad analizzarsi e a rispondere sui temi che caratterizzano la propria attività e personalità, portando in superficie autostima, autoefficacia, padronanza di sé, percezione di sé e ulteriori informazioni salienti. Nell’esempio, caso reale di un atleta praticante canottaggio, sono stati presi in esame elementi riguardanti l’aspetto tecnico, mentale, tattico e fisico. Il confronto poi con la valutazione dell’allenatore sugli stessi punti, permette all’atleta di dare alla propria autovalutazione un valore oggettivo e di comprendere e confrontarsi dando così significato e valore aggiunto al lavoro che quotidianamente si compie.

5. Motivazione.  Per comprendere l’importanza che la psicologia dello sport può avere in un cammino formativo, prendiamo ora in esame due temi assai ricorrenti nell’ambito sportivo e non solo, Motivazione e stress. La Motivazione è da sempre argomento di profondo interesse e altrettanto studio in diversi ambiti, sportivo, lavorativo, scolastico ecc. Per Motivazione si intende tutto ciò che spinge l’individuo a modificare il proprio stato per il raggiungimento di un obiettivo. Nelle varie teorie che si sono susseguite, è importante notare come a fianco dei bisogni, entrino in gioco altri fattori come goal setting, situazioni, equità, stili di attribuzione e altro ancora, aprendo così uno scenario che diventa multidimensionale. Soprattutto in ambito sportivo è molto importante la distinzione tra motivazione intrinseca, ovvero passione, fuoco interiore e motivazione estrinseca, ovvero successo, fama, visibilità. (slide 8) Quando si parla di Motivazione è quindi fondamentale sapere che si pone l’attenzione su un aspetto multidimensionale dove entrano in gioco diversi fattori come obiettivi, stili di attribuzione, autostima, autoefficacia, motivazione intrinseca ed estrinseca, intelligenza agonistica. Inoltre, questi fattori, sono caratteristiche individuali altresì contestuali e situazionali. Ecco allora che la classica riflessione che tanti allenatori si pongono in merito alla motivazione dei ragazzi apre un mondo assai articolato e complesso. Ma, e questa non è una provocazione ma un dato di fatto, è bene sapere che la motivazione, o meglio i fattori che la caratterizzano, hanno una componente incentivante ma anche una componente sabotante e spesso, molto spesso, i casi analizzati, ci raccontano di ragazzi molto motivati (vedi Performance Profile) che si trovano però inseriti in contesti fortemente demotivanti. Ecco allora, che forse, prendendo coscienza che i ragazzi se sono disposti a fare i sacrifici che fanno, rinunciando a divertirsi come i loro coetanei, non hanno bisogno di motivatori, siamo forse noi che li accogliamo che dobbiamo imparare a non distruggere la loro motivazione e a far sì che la loro energia non vada malamente sprecata. Come? Condividendo obiettivi, ponendo attenzione all’equità, all’autostima (gare), all’autoefficacia, alla corretta attribuzione di cause ed effetti, alla corretta lettura del contesto e offrendo sempre un ambiente sereno e caratterizzato da energia positiva.

6. Stress.  Lo stress è una risposta psicofisica a compiti anche molto diversi tra loro, di natura emotiva, cognitiva o sociale, che la persona percepisce come eccessivi.
Stress e prestazione sono spesso, a volte troppo spesso, acerrimi nemici e lo sono tanto da condizionarsi pesantemente. Ogni allenatore ne ha sotto mano, ad ogni gara, i poco desiderati effetti di cui restano vittime gli atleti. Lo stress si valuta sia come quantità; relax – esaurimento che come qualità: eustress e distress. I sintomi, simpaticamente illustrati nella slide 10, sono spesso ben facilmente riconoscibili sulle facce degli atleti, e gli effetti possono essere così pesanti da far letteralmente gettare al vento gare e appuntamenti nonostante una preparazione ferrea e meticolosa da parte dell’atleta. Lo stress, che si differenza dall’ansia in quanto quest’ultima è una risposta emotiva anticipatoria mentre lo stress è una conseguenza della percezione di una determinata situazione, è una risposta naturale ed ha una funzione basica per la nostra sopravvivenza. Ciò che ci fa del male è la durata, cioè quando lo stress si protrae nel tempo. Analogamente, anche ansia e paura sono risposte naturali, che diventano dannose quando l’attivazione è sproporzionata e disadattativa. Fortunatamente, stress, ansia e paura sono addomesticabili efficacemente con tecniche di rilassamento e con una corretta preparazione mentale. Attraverso l’insegnamento e la pratica di tecniche di rilassamento, self talk positivo, concentrazione e visualizzazione anche gli atleti più sensibili a queste problematiche, possono essere aiutati a gestire in maniera corretta e proficua l’avvicinamento all’evento. E’ importante sottolineare come la preparazione mentale alla gara sia strettamente correlata alla preparazione atletica nella corrispondenza di fasi o cicli, a riprova che nella persona – atleta, aspetto fisico, tecnico, tattico, mentale non sono aspetti disgiunti, ma interconnessi, dove cioè tutti gli elementi sono in relazione gli uni con gl’altri. In particolar modo nella fase di tapering, che ha come obiettivo la riduzione dello stress psicologico e fisiologico delle sedute di allenamento quotidiane per ottimizzare la prestazione, il corretto atteggiamento psicologico è fondamentale per il raggiungimento dell’adeguato livello di benessere generale, di miglioramento della qualità del sonno, della vitalità e diminuzione dello stato di affaticamento. Nella slide 11, partendo dal presupposto che la peack performance è ottenibile ad un adeguato livello di attivazione, viene illustrato un percorso di avvicinamento mentale ideale alla gara. Come si può notare, in chiusura della fase di tapering, durante la quale l’atleta deve mantenere un focus attentivo ampio, una concentrazione media e un atteggiamento rilassato, l’atleta è chiamato ad eseguire un percorso di attivazione selettiva e modulare che lo porterà ad affrontare la competizione nella migliore condizione possibile. La preparazione mentale finalizzata alla gara, aiuta l’atleta mediante tecniche di rilassamento, visualizzazione, modulazione della concentrazione e del focus attentivo, a non sprecare inutilmente energie nel pre-gara, a non cadere in pensieri forvianti e ad utilizzare al meglio le proprie risorse energetiche, fisiche e mentali, solo ed esclusivamente quando servono, ovvero nel momento della competizione.

Essere atleti, come essere professionisti è un percorso lungo e faticoso, Alberto Cei, in uno studio ha determinato che mediamente occorrono 10 anni o 10.000 ore di duro lavoro. Questo periodo, davvero infinito, sicuramente ha una stretta correlazione con la qualità intrinseca ed estrinseca dell’ambiente di crescita. Ricchezza, (e non di denaro), porta ricchezza, e la ricchezza per un atleta è la qualità del team che lo circonda e che lo supporta durante il suo arduo cammino. Questa ricchezza dipende da noi, questa ricchezza siamo anche noi …